La abbazia.

Dalle origini fino ad oggi

Anno Mille

San Benigno non esiste ancora. Tra l'Orco e il Malone si estende il Fructuariensis Locus, sito destinato alla riproduzione degli agnelli: (in latino medievale "fructus"); ai margini delle foreste Gerulfia, Walda, Fullicia abita povera gente raccolta in villaggi di origine longobardica (Vigolfo e Castrum Longobardorum).

Questa zona fa parte del "Praedium Vulpianum'", retto da una nobile famiglia sveva: e proprio da questa verrà il fondatore dell'Abbazia di Fruttuaria, Guglielmo da Volpiano, Abate di San Benigno di Digione e grande figura religiosa e culturale.

La costruzione di Fruttuaria inizia, secondo le due principali fonti a nostra disposizione, il 23 febbraio 1003. La consacrazione, avvenuta nel 1006, spetta al vescovo Ottobiano, e si svolge alla presenza di re Arduino , di sua moglie Berta e di numerosi dignitari laici ed ecclesiastici. L’Abbazia è dedicata alla Beata Vergine Madre di Dio, a San Benigno e a tutti i Santi; parallelamente acquisterà la denominazione di Fruttuaria dal luogo ove sorge, pur con l'aggiunta di un significato più ampio legato alla concezione benedettina dell' "ora et labora": terra di frutti dello spirito e delle messi.

Come le altre abbazie del tempo, Fruttuaria segue la Regola Benedettina secondo una propria interpretazione, descritta nelle “Consuetudines Fructuarienses” , fissando un codice di vita religiosa che si diffonde in tutta Europa, giungendo fino a Cracovia.

Fruttuaria sarà a capo di un vasto numero di dipendenze in tutta l’Italia settentrionale secondo l’esempio di Cluny, ma le sue Consuetudini si diffonderanno anche in abbazie che manterranno la propria indipendenza, secondo una visione istituzionale del monachesimo portata avanti da Guglielmo da Volpiano. Tra queste abbazie spicca Sankt Blasien nella Foresta Nera, grazie alla quale le Consuetudini di Fruttuaria si diffonderanno in area germanica. Fruttuaria godeva del privilegio dell’esenzione: l’abate era eletto direttamente dai monaci e l’abbazia era posta sotto il diretto “patrocinio della Santa e Apostolica Madre Chiesa” e quindi a tutti gli effetti indipendente dalla Diocesi di Ivrea, nel cui territorio essa era ubicata. Guglielmo non assunse mai la dignità di Abate per mantenere chiara la distinzione con Digione; il primo Abate di Fruttuaria fu Giovanni “Homo Dei”, cui seguiranno una sessantina di altri abati monaci.

Guglielmo si impegnò fin dall’inizio ad ottenere dai potenti non solo donazioni in denaro, ma anche privilegi giuridici che, per oltre settecento anni, resero Fruttuaria indipendente non solo dal punto di vista spirituale, ma anche politico: l’Abate di Fruttuaria governava direttamente le terre abbaziali di San Benigno, Lombardore, Feletto e Montanaro, che venivano a creare un piccolo stato con leggi proprie e diritto d’asilo.

Origini

L'Abbazia di Fruttuaria, fu fondata il 23 febbraio 1003 da Guglielmo da Volpiano, su terre di proprietà paterna, in una località lambita dai due fiumi del Canavese: l'Orco e il Malone.

La chiesa, dedicata a Santa Maria, San Benigno e a tutti i Santi, fu costruita a partire dal 1003 e consacrata nel 1006. Nel tempo, a nord del complesso monastico si sviluppò un centro abitato, che giunse ad assumere la forma del ricetto, ancora oggi il nucleo originario del centro storico di San Benigno.

Per garantire lo sviluppo e l'indipendenza di Fruttuaria, Guglielmo fece sottoscrivere, tra il 1015 e il 1016, da 324 firmatari diffusi in tutta Europa un documento in cui sono narrati i particolari della fondazione e l'aiuto ricevuto da re Arduino. L'Abbazia, centro di irradiazione della riforma monastica benedettina, attraverso la diffusione delle Consuetudines Fructuarienses, fu posta sotto la protezione dell'imperatore e godette dei privilegi papali.

La chiesa abbaziale, progettata e costruita nel rispetto dei canoni della liturgia celebrata dai monaci, aveva tre corte navate tagliate da un ampio transetto sul quale si aprivano cinque absidi. La soluzione, innovativa per il tempo, secondo il modello dell’Abbazia di Cluny, permetteva la realizzazione di più altari e la possibilità a più monaci di concelebrare contemporaneamente.

Dell'impianto originario dell'abbazia si conservano le due absidi attestate sul transetto e le basi in muratura dei rispettivi altari. Le tre absidi corrispondenti alla navata centrale e alle navate laterali, già modificate nel corso dei secoli, furono completamente distrutte per costruire la cripta (scurolo) settecentesca.

Nella crociera, all’incrocio tra la navata centrale e il transetto, nel fulcro dello spazio religioso, sorgeva l’altare della Santa Croce, alle spalle del quale, in posizione ribassata, era stata costruita la rotonda del Santo Sepolcro. L'area era delimitata da setti murari che isolavano lo spazio della crociera, riducendo la vista dalle cappelle del transetto.

Il Santo Sepolcro è un monumento circolare, copia simbolica, eretta a ricordo del Santo Sepolcro di Gerusalemme, costruito nel IV secolo dall'imperatore Costantino, attorno alla tomba di Cristo scavata nella roccia. Il Santo Sepolcro di Fruttuaria risale alle prime fasi di cantiere ed è databile ai primi anni dopo il Mille; sinora è il più antico modello di Sepolcro conservato e trova confronto con l'analogo, in pietra, che si conserva nella cattedrale di Aquileia. Il Sepolcro di Fruttuaria era realizzato in muratura ed era internamente intonacato ed affrescato.

Dal deposito di materiale proveniente dalla demolizione del Sepolcro, avvenuta nel sec. XIII, sono emersi frammenti di intonaco dipinto con resti di una decorazione a intreccio e parte di un ciclo figurato, nel quale spicca una Madonna in trono col Bambino, ora conservato al Museo di Antichità di Torino.

Nel 1014, dopo la sconfitta subita dall'imperatore Enrico II, Arduino d'Ivrea si ritirò a Fruttuaria, ove morì l'anno successivo. Il Chronicon attesta che Arduino fu sepolto accanto all'abate Alberto, nella cappella di San Giovanni Battista, a lato del coro centrale.

Successivamente le spoglie del re furono trasferite, secondo quanto tramandato da storia e leggenda, nel castello dei San Martino ad Agliè e successivamente, con l'alienazione del castello a casa Savoia, al castello dei Valperga a Masino.

L'area attorno all'altare della Santa Croce fu in origine pavimentata con un battuto di malta e cocciopesto e con grandi lastre di pietra.

Questo tipo di pavimentazione, molto sobria, fu sostituita, tra la fine dell'XI e l'inizio del XII secolo, da mosaici a motivi vegetali e animali entro riquadri. Ai lati dell'altare si conservano due coppie di animali affrontati. Il riquadro nord, molto lacunoso, conteneva due leoni, quello sud due grifoni rampanti separati da un tralcio vegetale. I due riquadri sono collegati anteriormente da una fascia a motivi geometrici costituiti da cerchi intersecati a foglie nervate. Una seconda fascia di mosaici, posta a livello ribassato, conserva, entro riquadri e rombi, piccoli uccelli e grifi in tessere bianche e nere e con inserti policromi.

Le pareti del transetto conservano decorazioni ad affresco con motivi a finto marmo stilizzato e vivacemente colorato confrontabile con la chiesa romanica di Santo Stefano di Sessano a Chiaverano. Probabilmente il registro superiore, oggi scomparso, conservava elementi figurativi. La chiesa romanica aveva pilastri quadrati che sostenevano le robuste arcate a divisione delle navate. Il mancato ritrovamento di capitelli e frammenti scultorei induce a pensare ad un sistema di coperture lignee a vista, che dovevano reggere un manto, probabilmente in coppi piani, sul modello degli embrici romani sormontati da coppi curvi.

Nelle prime fasi dell’Abbazia un grande avancorpo si addossava alla facciata della chiesa. Si tratta di una tipologia di struttura a due piani tipica dell’ambito cluniacense.

Verso la fine del Cinquecento, in occasione di consistenti interventi edilizi, furono fuse delle nuove campane; di tale operazione rimane traccia nella fossa appositamente allestita per la fusione, rinvenuta presso l’antico ingresso della chiesa.

In questo periodo la chiesa fu ampliata, fu eliminata la facciata medievale e furono aggiunte due campate verso occidente.

Guglielmo da Volpiano

La tradizione vuole che l'abate-costruttore Guglielmo da Volpiano sia nato nel 962, ad Orta, nel castello dell'isola di San Giulio, dal conte Roberto e dalla nobile Perinzia. Si dice anche che sia stato tenuto a battesimo dall'imperatore Ottone I e dalla moglie Adelaide. Destinato a vita monastica, Guglielmo, entrò sin da bambino nel monastero di San Genuario presso Crescentino; nel 987, all'età di venticinque, anni si trasferì a Cluny. Ordinato sacerdote e in seguito eletto abate dell'abbazia di San Benigno di Digione, Guglielmo su incarico di Brunone Vescovo di Langres, ricostruì in forme grandiose l'abbazia, dove ritrovò, nel corso dei lavori, la tomba del martire Benigno.

L'abate Guglielmo fu figura di primo piano nel panorama europeo a cavallo dell'anno Mille. Fondò un movimento monastico vicino a quello di Cluny, ma con caratteri autonomi. Alla sua morte, avvenuta a Fécamp, in Normandia, il 1 gennaio 1031, Guglielmo aveva riformato circa quaranta monasteri tra Italia settentrionale, Borgogna, Champagne, Lorena, Normandia e al suo seguito aveva raccolto circa milleduecento monaci.

Fruttuaria fu l'abbazia prediletta da Guglielmo, costruita, secondo il biografo Rodolfo il Glabro, su terre disabitate di proprietà paterna alla confluenza dell'Orco e del Malone. Per garantire la sicurezza e l'indipendenza alla sua Abbazia, Guglielmo fece sottoscrivere, da 324 firmatari di tutt'Europa, un documento nel quale era sottolineato l'aiuto ricevuto da Arduino di Ivrea.

Arduino dopo la sconfitta subita dall'imperatore Enrico II, nel 1014, ritirò a Fruttuaria e vi morì l'anno successivo. Il Cronichon attesta che Arduino fu sepolto in abbazia, nella cappella di San Giovanni Battista, accanto all'Abate Alberto. Successivamente le spoglie di Arduino, secondo la tradizione, furono trasportate nel castello dei San Martino ad Agliè. Nella seconda metà del Settecento, con l'acquisizione della dimora alladiese da parte di casa Savoia le spoglie del mitico re d'Italia furono trasferite nella cappella del castello dei Valperga a Masino.

La Torre Campanaria

La torre campanaria è, insieme a parte della manica est del chiostro, l’unica struttura dell’XI secolo risparmiata dalle ricostruzioni volute dal Cardinale delle Lanze; originariamente allineata con la facciata della chiesa medievale, ha una pianta quadrata di 10 m di lato e un’altezza complessiva di 39,90 m.

Esternamente, le facciate della torre mostrano una partizione a doppia specchiatura, grazie alla presenza di una lesena mediana continua per tutta l’altezza della torre; orizzontalmente, questa è suddivisa in sei registri da cornici di sette archetti pensili per ogni specchiatura, sormontate da una fascia a dente di sega. Le aperture si trovano al centro delle rispettive specchiature e sono costituite da feritoie per i primi tre registri, monofore per il quarto e bifore per gli ultimi due.

L’interno della torre campanaria era suddiviso in vani sovrapposti per mezzo di solai lignei. Al piano terra si trova un ambiente con volta a crociera e piano di calpestio alla stessa quota di quello della chiesa medievale. La parete orientale dell’aula inferiore presenta una rottura nel muro, probabilmente da riferire all’antica presenza di un altare.

Sovrapposta a questo primo vano voltato si trova un’aula con abside a est ricavata in spessore di muro, che nel catino absidale reca, dipinta ad affresco, una Madonna con il Bambino datata all’XI-XII secolo. Durante gli scavi archeologici si ritrovò anche parte del pavimento originale di questa cappella, sul quale sono presenti alcuni esigui frammenti di mosaico posti nei pressi dell’angolo nord-ovest, confrontabili con i mosaici del Duomo di Casale Monferrato e databili alla seconda metà del XII secolo.

L’accesso ai piani superiori della torre e alla cella campanaria è garantito da una scala ricavata nello spessore della muratura (intra muros) e articolata in cinque rampe, con origine dalla cappella superiore. La scala è coperta da una volta a botte che presenta nella malta i segni delle centine lignee utilizzate per la costruzione. Gli spazi angolari tra rampa e rampa sono coperti da piccole volte a crociera.

L’illuminazione dello spazio interno è ottenuta da minute feritoie strombate, poste in prossimità degli angoli, e dalle aperture poste lungo le rampe e visibili al centro delle specchiature esterne della torre. Queste ultime non avevano solo la funzione di illuminare e arieggiare la scala, ma, grazie al loro sviluppo passante, servivano anche ad illuminare gli ambienti interni della torre.

La torre di Fruttuaria, per le caratteristiche costruttive, la scala ricavata nello spessore della muratura e l’abside, guarda al modello della torre civica di Pavia, crollata nel 1989, e costituisce modello di confronto per un nutrito gruppo di torri campanarie delle chiese dell’area torinese e canavesana tra le quali spiccano le torri della Cattedrale e quella di Santo Stefano a Ivrea, quella di Santa Maria di Andrate e quella di Sant’Andrea alla Consolata di Torino.

Il Cardinale delle Lanze e la nuova Abbazia

Carlo Vittorio Amedeo delle Lanze, alto prelato, intellettuale, legato all' Arcadia romana, figlio di Agostino conte di Sale e di Vinovo e della contessa Barbara Piossasco di Piobesi, fu investito del titolo di Abate di Fruttuaria con bolla papale del 5 agosto 1749. Secondo i documenti dell'epoca le strutture dell'Abbazia e dell'annesso chiostro "si trovavano molto guaste e in deperimento"

Per tale ragione il prelato giunse alla decisione di rifondare il nuovo complesso abbaziale, già sede dei Cardinali di Savoia Amedeo e Maurizio, sul modello di San Pietro a Roma.

Il Cardinale delle Lanze stabilendo San Benigno quale propria sede e istituendovi un seminario, avviò l'opera di "ammodernamento" in chiave tardo-barocca di tutto il complesso abbaziale comprendente la chiesa parrocchiale, il nuovo palazzo, gli ambienti riservati all'accoglienza e alla formazione dei giovani seminaristi e il chiostro (sorto sul luogo di quello benedettino) che si sovrapposero alle strutture di epoca medievale.

Sulle scelte di carattere culturale, politico e religioso nell'operazione di rifondazione della nuova Abbazia particolare influenza ebbe la frequentazione, a Roma sin dal 1730, del giovane Cardinale delle Lanze con il cardinale Alessandro Albani, grande collezionista di arte antica, la cui memoria è legata alle scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei e al Winckelmann.

Il Chiostro Settecentesco

Il chiostro, luogo di connessione tra l'ambiente liturgico della chiesa e i restanti spazi abbaziali adibiti alla vita religiosa comunitaria ha sempre avuto un ruolo essenziale nei complessi monastici. Di regola i chiostri erano composti da quattro gallerie o passaggi coperti delimitati da uno spazio centrale a cielo aperto, destinato a giardino. L'abbazia di Fruttuaria non doveva sfuggire a questa regola generale. L'esistenza di un chiostro con un impianto simile a quello odierno, addossato al lato meridionale della chiesa e opposto alla torre campanaria è ipotizzabile sin dall' XI secolo.

Il chiostro nella sua conformazione attuale, con impianto rettangolare con quattro cortine rettilinee a tre e quattro fornici e angoli smussati, risale alla fase di riplasmazione settecentesca del complesso

Alla morte del Cardinale delle Lanze, nel 1784, le fonti descrivono un chiostro formato da diciotto arcate di portici voltati "formanti figura ottagonale" con una terrazza scoperta percorribile, pavimentata a bitume, protetta da un pavimento in mattoni sopra l'estradosso delle volte del primo ordine. Questo pavimento è descritto "in pessimo stato" , per effetto delle infiltrazioni risultava "bisognoso di riparazione per scongiurare l'imminente rovina".

L'immagine che si desume dalla descrizione è quella di una struttura ad ordine unico con una terrazza superiore che si affacciava sulla corte interna. La realizzazione della galleria superiore con i pilastri in asse a quelli sottostanti risulta posteriore al 1784 e trova conferma nella data incisa in un coppo datato 1785 rinvenuto nel corso dei restauri delle coperture.

Salva la Storia: Dona per Preservare l'Abbazia di Fruttuaria

Sostieni l'Abbazia di Fruttuaria e aiuta a preservare un patrimonio storico, artistico e spirituale millenario. La tua donazione contribuirà a mantenere intatta la bellezza di questo sito unico, permettendo a future generazioni di scoprire e apprezzare l'importanza culturale di uno dei gioielli del Piemonte. Ogni contributo è fondamentale per la conservazione e la valorizzazione di un luogo che rappresenta la memoria storica e spirituale della nostra comunità.

SOSTIENICI